Quale simbolo del Principio di Divinità Essenziale visualizziamo un sole splendente che irradia la sua luce in ogni direzione.

 

Il tema della Divinità Essenziale è senz’altro fondamentale per tutto il nostro lavoro. Nell’affrontarlo è bene chiarire un equivoco di base: il concetto di divinità non è comprensibile mentalmente. La nostra mente, infatti, è uno strumento attualmente troppo limitato per concepire e sviluppare un simbolo infinito e indefinibile com’è, appunto, la divinità. Qualsiasi approccio a tale tema, quindi, non può essere che soggettivo e crea, perciò, inevitabili problemi di comunicazione.
Approfondire il Principio della Divinità Essenziale, e condividere considerazioni ed esperienze personali, diviene compito estremamente difficile, pertanto faremo qui solamente alcune riflessioni sulle varie definizioni della divinità.
Il concetto di ‘Dio trascendente – Dio immanente‘ è molto antico. Possiamo dire che, in ogni religione e in ogni filosofia, esso sia stato proposto come l’eterno problema dell’uomo. Un’analisi appena sommaria ci permette di cogliere che l’apparente antitesi dei due termini è solo fittizia. Nel suo passato ancestrale l’umanità ha vissuto come trascendente, cioè al di fuori di sé, una realtà fenomenica perduta. Il mito del peccato originale, infatti, richiama alla nostra memoria la perdita di un paradiso in cui la divinità era immanente. La trascendenza fu da allora vissuta come  (…) una necessità dell’uomo che aspirava ad un ‘ritorno‘ precluso nel presente. Da quel momento, più ci avviciniamo alla conquista della divinità interiore, più la trascendenza diviene immanenza: è come se la clessidra dell’esperienza capovolgesse il proprio contenuto e, granello dopo granello, la coscienza umana si divinizzasse in un lento processo d’espansione. L’uomo riscopre in sé il volto divino che aveva dimenticato e, con la sua opera, redime il mondo trasformandolo nell’aspirato paradiso perduto.
La ‘Parola o Suono‘, come concetto di divinità, è anch’esso un simbolo che viene da lontano. Da sempre rappresenta la vibrazione iniziale di Dio. Ci riecheggia alla mente il Vangelo di Giovanni: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e Dio era il Verbo…“. Ogni vibrazione infatti è da intendersi come un’emanazione successiva ad una prima nota che ha generato la grande manifestazione dell’universo. L’eco di tale nota è tuttora presente nell’infinito e si riflette in ogni parola e in ogni suono del creato. L’importanza dell’uso della parola è stata sottolineata in tutte le epoche: quando l’uomo usa tale vibrazione, ripropone l’insondabile mistero dell’espressione divina. Un suono che vibra nel mondo ripropone una nota della grande sinfonia celeste. Basta pensare al valore che ha avuto il linguaggio nell’evoluzione umana o all’eccezionale contenuto iniziatico di alcuni meravigliosi poemi musicali o, ancora, al potere dei mantram, per convincersi che l’associazione tra Parola, o Suono, e divinità è radicata nel profondo delle nostre coscienze.
Il ‘Respiro‘ è l’essenza di tutto ciò che esiste. La vita inizia con un respiro e si trasforma con un respiro in quella che chiamiamo ‘morte’. Ogni attimo della nostra esistenza e di quella di tutto il creato è indissolubilmente legato al respiro, perché in questo atto il principio vitale si diffonde in tutto ciò che si manifesta. Modificando il respiro si modifica il rapporto con il processo della vita: se cambiamo la nostra respirazione variamo la fisiologia del nostro organismo, trasformando il contenuto energetico del cervello che, a sua volta, incide sullo stato di coscienza di un uomo. E come se, respirando, l’uomo assimilasse una parte di divinità latente, diffondendola al suo organismo e alle sue opere. Ricordiamo l’immagine biblica dell’uomo creato dal soffio di Dio per scoprire il profondo legame tra il simbolo del Respiro e la divinità.
La ‘Vita che tutto pervade‘ è un altro concetto su cui meditare: l’immagine del cratere di un vulcano in cui il magma infuocato ribolle per poi precipitare, in miriadi di rivoli incandescenti, lungo le pendici del monte, ci fornisce un’idea del processo incessante della creazione della vita in forme e stati diversi. Dalla vita minerale, a quella vegetale, a quella animale, a quella umana e a quella, più sottile, dei mondi invisibili, tutto è animato dalla grande Vita Una che manifesta se stessa nel cosmo. Cogliere il divino nella Vita che tutto pervade è un atto di comprensione sublime che rende l’uomo responsabile di ogni piccola azione del suo quotidiano. Quando noi agiamo, spezziamo e distribuiamo il grande pane della vita, in comunicazione con tutto ciò che ci circonda.
Il simbolo della ‘Scintilla di Dio negli uomini‘ ci ricorda quanto asserito da sempre dalle varie religioni: la necessità di rendere il nostro corpo un tempio adatto a contenere ed esprimere una particella del divino. Non dovremmo mai dimenticarcene, sia quando viviamo la nostra vita di ogni giorno, sia quando ci rapportiamo agli altri. Spesso infatti ignoriamo tale profonda realtà insita nell’animo di ciascuno, specialmente quando essa non è manifesta. Talvolta ci lasciamo trasportare dalla sfiducia verso noi stessi e dall’intolleranza verso gli altri, senza ricordare quella presenza essenziale che anima ogni creatura vivente. Il ‘Riflesso del macrocosmo nel microcosmo’ è l’analogia da cui l’antica saggezza è partita per trovare un punto di riferimento con il quale orientare e interpretare il senso della vita sul nostro pianeta. L’intuizione che questi due modelli, scalarmente diversi, siano sostanzialmente identici nella struttura e nelle leggi di manifestazione, ha rappresentato una grande conquista per l’umanità, che si è potuta così avvicinare al concetto di divinità.
La ‘Consapevolezza autodeterminante nella forma‘ propone un’ulteriore riflessione: tutto ciò che esiste presuppone un pensiero creante, e l’universo appare quindi come una grande manifestazione del pensiero divino che riflette se stesso. In un immenso atto d’amore il Principio Primo si autodetermina e si manifesta per esaltare e partecipare la vita in cui esprime la propria identità. E per questo che, dai grandi sistemi planetari al più piccolo cristallo, ogni forma esprime il pensiero del creatore.
La ‘Mente universale‘ ci dà il senso di una totale appartenenza alla divinità, in quanto ci permette di cogliere l’unità che sottostà all’apparente eterogeneità delle singole menti e dei vari regni. La diversificazione del processo mentale raggiunge il massimo quanto più questo si allontana dal punto centrale da cui ha avuto origine. Solo accettando e cercando il ritorno alla sintesi possiamo infatti aspirare all’esperienza del divino, che rappresenta l’assoluta integrazione di ogni diversità.
Lo schema del lavoro bimensile termina con una considerazione sulla definizione la ‘Presenza‘: se la divinità essenziale viene sperimentata sul piano fenomenico, essa certamente si traduce in una percezione di ‘presenza‘. Se noi viviamo e siamo in contatto con il divino, questo stato ci accompagna inevitabilmente in ogni momento della vita. Siamo sempre, infatti, in presenza del nostro Sé individuale e del Sé universale, anche quando non ce ne rendiamo conto, ed è proprio nella riscoperta di questa realtà che tutto il nostro vivere acquista valore e significato.

 

(Fonte: Comunità di Etica Vivente, Leggi e Principi della “Nuova Era”, Ed. Nuova Era)