L’unica forza che potrà arrestare il degrado della vita è il coraggio, il vero antidoto naturale contro il male che l’ignoranza e l’egoismo collettivi stanno diffondendo nel corpo del Pianeta.

 

Era una gelida serata d’inverno e gli amici della comunità, come al solito, si erano riuniti nella sala biblioteca per discutere amichevolmente sui temi della vita, interpretandoli in prospettiva futura: era un esercizio psicologico in cui si cimentavano spesso, specialmente quando la presenza di Hermes rendeva l’incontro particolarmente stimolante.
Questa sembrava una di quelle occasioni, dal momento che l’amico eremita da alcuni giorni alloggiava nella casa. La conversazione era iniziata con un’osservazione di Maria che poneva in risalto l’assurda condizione in cui era precipitata la vita sociale e politica del paese, in preda alla corruzione e al degrado.

Guglielmo era intervenuto indicando la cultura materialistica del nostro tempo come la maggiore responsabile di tale situazione: “Si costruiscono miti di cartapesta su falsi valori, si vendono ideali contraffatti attraverso i mass media, si incitano gli uomini alla competizione e alla sopraffazione reciproca” – affermava con veemenza – “e tutto questo non può che condurre allo sfruttamento e al malcostume senza possibilità di scampo. Quindi – proseguiva – è inutile lamentarci… meglio sarebbe proporre qualche correttivo!”

Fu a questo punto che Hermes prese la parola per precisare: “L’unica forza che potrà arrestare il degrado della vita è il coraggio, il vero antidoto naturale contro il veleno del male, male che l’ignoranza e l’egoismo collettivi stanno diffondendo nel corpo del Pianeta. Il coraggio è, infatti, una virtù particolare che nasce soltanto nel cuore degli individui più maturi, e in questo senso è l’opposto dell’incoscienza spericolata con cui viene spesso scambiato. È piuttosto una mistura di fede, fermezza e responsabilità che pochi uomini sanno evocare nella loro coscienza e rappresenta un prezioso tonico per tutta l’umanità.”

Cesare, colpito dall’intervento dell’amico, dichiarò entusiasta: “Anch’io credo che il coraggio sia una straordinaria capacità morale che ci permette di compiere grandi imprese e di affrontare con piena consapevolezza qualsiasi prova della vita. Piuttosto mi chiedo in che modo sia possibile svilupparlo dentro di noi…”

“Come prima cosa – riprese Hermes – è indispensabile non distruggerne il seme nel cuore dei bambini seminando paura ed insicurezza con continue suggestioni negative; è invece necessario un costante allenamento al coraggio, sia fisico che morale, affinché questa qualità, naturalmente presente nell’infanzia, non scompaia dal nostro animo, lasciando il posto al timore e all’inerzia. Un altro consiglio è quello di allontanare l’ansia per il domani, facendoci sempre più consapevoli che il nostro destino è quello di creare il futuro, e quindi una serena fiducia nella vita è quanto di meglio per spianarci la strada in questa avventura. Inoltre, dobbiamo liberare la nostra mente dal dubbio e dal terrore di ciò che non conosciamo: qualsiasi ipotesi va accettata prima con fede e poi sperimentata ed eventualmente cambiata, perché solo così impareremo a pensare con gioia e senza apprensione alle grandi conquiste che ci aspettano. Un’altra battaglia da combattere è quella contro l’ignoranza che, ovunque si annidi, ostacola il processo dell’evoluzione e crea paura e diffidenza: affermiamo, invece, l’indistruttibilità dell’esistenza e l’eterna giovinezza della coscienza.”

A questo punto, Marta intervenne: “Tu parli di valori apparentemente astratti, che è difficile percepire nella vita ordinaria…”

Hermes rispose: “Riteniamo astratto tutto quello che non abbiamo ancora sperimentato ed è perciò di primaria importanza meditare su alcuni temi di fondamentale interesse e tra questi vi è certamente quello dell’immortalità della natura essenziale dell’uomo. Arrivare a questo tipo di comprensione è basilare e giustifica l’impegno di tempo e di energia da parte di tutti.
In questo caso non si tratta soltanto di credere a una teoria piuttosto che ad un’altra, ma di far propria una verità attraverso la sua manifestazione diretta dentro di noi. La certezza dell’immortalità evoca il coraggio e lo ancora nella nostra coscienza, consentendoci di guardare a viso aperto la difficoltà e gli ostacoli, senza indugio e scoramento”.

Leonardo chiese: “Non è la vita stessa a scoraggiarci con i continui fallimenti e con il dilagare del male, come si diceva all’inizio?”

“È proprio nelle contrarietà e nei contrasti – rispose Hermes – che il coraggio cresce e si rafforza, perché è un’energia che si potenzia di fronte a impedimenti e minacce: i grandi eroi sono diventati tali quando le circostanze li hanno sottoposti a delle prove apparentemente insuperabili. Una caratteristica del coraggio è quella che una volta che ha messo radici non può esser più estirpato, neanche dalla morte, e questo deve rassicurarci. A noi, piuttosto, il compito di svilupparlo accettando le tensioni e gli eventi particolari, allenandoci a superare senza tentennamenti le inevitabili difficoltà che incontriamo.”

Giulietta timidamente si intromise: “Prima hai detto che il coraggio nasce nel cuore, ma talvolta sono proprio gli uomini più amorevoli che ne hanno meno…”

Hermes: “Questo è vero, ma quando mi riferisco al cuore alludo alla coscienza “ardente” di tutti coloro che sintetizzano l’amore con la volontà e trovano la forza di costruire nella distruzione generale. Non basta, infatti, avere un cuore puro e compassionevole per combattere le forze delle tenebre e ridurle al silenzio: per distruggere il “drago” che sbarra la strada all’evoluzione bisogna trasformare questo “centro di energie” in una roccaforte infuocata su cui costruire le difese del mondo. E’ in realtà il coraggio che ci spinge inesorabilmente verso i confini della nostra coscienza spirituale e ci rende gli estremi difensori del bene creandoci attorno un’autentica armatura di luce. È una qualità che s’incrementa vigilando e dominando il male, dentro e fuori di noi, e scegliendo il sentiero dell’integrità e della giustizia; in chi la possiede genera quella che è stata definita la calma dei forti, creando la premessa per respingere qualsiasi attacco e per tenere lontano le meschinità della vita quotidiana.”

Marta chiese con decisione: “Quali sono, secondo te, gli ostacoli maggiori allo sviluppo del coraggio, e quali gli esercizi più utili a evocarlo?”

Hermes, dopo un attimo di riflessione, rispose: “Credo che il peggior nemico del coraggio sia una cattiva opinione di sé stessi, che può manifestarsi come timidezza o diffidenza, o addirittura come avversione per le difficoltà della vita.
Le ripetute suggestioni ed esperienze negative che spesso accompagnano la nostra crescita ci creano autoimmagini svalutate, complessi di inferiorità e stati di insicurezza, per lo più occultati a noi stessi e agli altri, con processi di rimozione e di ipercompensazione. A ciò bisogna aggiungere il clima culturale attuale, improntato su presupposti materialistici, che da una parte ci esalta con il fascino delle conquiste tecnologiche e dall’altra ci deprime con la visione che ci rimanda dell’uomo, facendolo apparire come un fragile “virgulto” in balia della falce della nemica morte e delle sue tetre ancelle le malattie e le disgrazie, sempre in agguato. In questa situazione di continua incertezza per l’oggi e di inevitabile paura per il domani è quasi scontato diventare titubanti e meschini, preda del dubbio e del terrore del futuro.
A questo punto solo il coraggio ci può ridare la dignità e la responsabilità della dimensione umana, e l’allenamento più utile per evocarlo è la spinta incessante a scoprire le cause di tutto ciò che esiste.
Questo si può fare coltivando un vero e proprio spirito d’avventura nell’esperienza di ogni giorno e vigilando affinché la nostra coscienza abbia quotidianamente il nutrimento giusto”.

Camillo prese per la prima volta la parola: “E chiaro che tu attribuisci una grande importanza a questa qualità e ne fai quasi una virtù indispensabile sul sentiero spirituale, vero?”

Hermes, senza indugi: “È così, non credo possa esserci una vera autorealizzazione senza il coraggio, che considero il solo ponte su cui attraversare le sabbie mobili della vita, perché trasforma qualsiasi difficoltà in una opportunità e ci fornisce l’impeto necessario per superare ogni ostacolo. Il simbolo che meglio rappresenta questa qualità è il leone, che nel mondo animale incarna la forza invincibile che non conosce barriere e che nel regno umano è esemplificato dall’eroe che coglie la vittoria nel momento della massima intensità della battaglia.”

Cesare: “Non vorrei ripetermi, ma in che modo si può sconfiggere il germe della paura?”

Hermes: “Un errore da evitare è quello di opporsi o di cedere alle singole paure che hanno la prerogativa di riprodursi all’infinito, essendo delle emozioni, in parte individuali ed in parte collettive, legate a complessi e suggestioni diffusissimi nella società attuale. Il metodo migliore, invece, è quello di evocare in noi ogni volta che si presenta una paura, il senso globale della paura stessa è di entrarci dentro con decisione, come si trattasse di attraversare un tunnel buio in fondo al quale vediamo un sole splendente che ci accoglie e che ci illumina. Questa immagine va ripetuta ogni volta che siamo preda di qualche timore per poi passare con impeto all’azione che ci spaventava: la tecnica di affrontare con slancio, senza incertezze e tentennamenti, le situazioni ritenute difficili, unita a quella di prepararci un “terreno” psichico idoneo attraverso efficaci autosuggestioni è infatti di estrema utilità per non cadere nel “buco nero” del panico. il coraggio, inoltre, può esser evocato leggendo autobiografie di uomini illustri che lo hanno espresso nella vita attraverso la coerenza del loro pensiero e delle loro opere, malgrado le difficoltà incontrate. Si può anche coltivarlo con opportune visualizzazioni in cui immaginiamo di affrontare con sicurezza e decisione circostanze che nelle realtà in qualche modo ci bloccano”.

E fu proprio a quel punto che Hermes, sorridendo, affermò:  “È con un atto di coraggio, dunque, che ora cari amici, io mi allontano dalla vostra affettuosa vicinanza, in attesa del nostro prossimo incontro”.

 

Sergio Bartoli
In: “Poggio del Fuoco” – Quaderno della Comunità di Psicosintesi di Città della Pieve
N. 11 – “Il Coraggio” (maggio 1993)