Oggi mi trovavo a camminare su sentieri di montagna: uno di quei rari momenti in cui la mente è libera di spaziare e di pensare ciò che vuole. Proprio il pensiero si è presentato come l’oggetto che la mente ha messo a fuoco: da dove nasce il pensiero, le fasi di sviluppo del pensiero, cosa condiziona l’oggetto del pensiero e così via…Tutti temi sentiti e proposti tante e tante volte, per cui conosciuti. Ma c’è una bella differenza tra ciò che si sa grazie a una “disciplina del sapere”, cioè l’essersi concentrati per imparare delle lezioni o per ripetere delle lezioni ad altri, e quei momenti magici in cui semplicemente il pensiero arriva da sé e la mente non fa che accoglierlo e ascoltarlo. È proprio in momenti come questo che si scopre qualcosa di nuovo o si riorganizza ciò che già si sapeva in un modo tale che sa di nuovo; soprattutto si sente che “il pensato” non viene da qualcosa che abbiamo recepito da fuori ma che invece emerge proprio da dentro, come una forza autoctona e irresistibile che si affaccia dal bordo della coscienza per essere riconosciuta e raccolta.
In pochi attimi sono scorse davanti a me le varie fasi di sviluppo del pensiero, come disposte lungo una scala ordinata, una successiva all’altra in una sequenza perfettamente logica e naturale. E ho potuto ritrovarvi come inscritti altrettanti periodi della mia vita, fino al punto in cui mi trovo ora.
Per non rischiare di perdermi quella visione così chiara, ho aperto la funzione di registrazione nel mio cellulare e, continuando a camminare, la ho descritta a voce alta così come mi veniva. Con mia grande sorpresa, appena finito di registrare mi sono trovata davanti a una panchina che, ho poi scoperto, era parte della Passeggiata Freud, cioè un percorso segnato da tredici panchine, ognuna dedicata a un pezzo di storia di Freud e del suo lavoro, accompagnata da una sua frase evocatrice. Freud, il grande ricercatore che ha donato all’umanità dei passaggi importanti per la conoscenza del funzionamento della psiche, con i suoi pensieri trascritti su quelle panchine, mi stava accompagnando verso un contatto più profondo con la mia mente e con la sua espressione passata e presente. Per inciso, mi ha colpito una frase dell’ideatore delle “panchine freudiane” (Francesco Marchioro):
“Una panchina non è un oggetto solo decorativo, ma è intelligente, visionaria, è una macchina visiva”, definizione che trovo molto pertinente con il tema del pensiero.
Voglio ripercorrere molto sinteticamente le diverse tappe del pensiero, con l’augurio che questa ricapitolazione su una funzione psichica tanto importante possa essere utile anche ad altri, come lo è stata per me.
Fin dall’inizio e per molto tempo, il pensiero è al servizio dei bisogni di base, degli impulsi che attivano dal profondo i nostri corpi fisico, emotivo e mentale; cioè pensiamo per dare delle risposte congruenti e funzionali a quei bisogni: come procurarci ciò che ci serve per vivere, come soddisfare un desiderio, come costruire relazioni soddisfacenti, come affermarci al meglio in mezzo agli altri, e così via. La ricerca di risposte sempre più precise e raffinate a questi bisogni, che si presentano a loro volta in modi sempre più precisi e raffinati, stimola la mente e la facoltà del pensiero: è così che si impara a scovare delle soluzioni via via al nostro vivere.
C’è poi la fase del pensiero messo al servizio di progetti più complessi, che nascono da dentro come “vocati”, cioè frutto di una vocazione: corrispondentemente anche lo stile del pensiero si farà più complesso e più ricco.
Viene dunque il pensiero volto a comprendere un ambito di vita più ampio, quando l’interesse si dilata verso un Bene che non riguarda solo noi stessi: si cominciano allora a percepire i bisogni di un gruppo, bisogni di ogni genere e livello che emergono come espressioni di una vita, quella del gruppo, che presenta anch’essa delle necessità distribuite tra i suoi diversi corpi. L’ampiezza del pensiero si accorderà con i tanti aspetti della vita di gruppo, ovviamente molto più variegati e intensi di quelli della vita individuale. Le questioni che coinvolgono il pensiero saranno allora sempre, o quasi sempre, un po’ al di là del già conosciuto, proprio perché un po’ al di là si sono spostati i confini della coscienza. Credo che in molti possiamo testimoniare quanta abbondanza di stimoli, di interrogativi, di comprensioni possa coinvolgere coloro che partecipano attivamente a una vita di gruppo. Il pensiero si espande a dismisura, abbracciando temi che mai si sarebbero presentati ai singoli individui: temi di tutti i tipi, dalla creazione di eventi, alle problematiche gestionali, alle questioni relazionali, fino alla definizione dei valori e delle qualità da perseguire e delle linee guida da seguire, per arrivare infine a chiedersi come meglio realizzare obbiettivi e proposito. L’apertura del pensiero al gruppo segna l’impegno verso un passaggio importante: dagli interessi personali a quelli per il gruppo, dalla coscienza individuale alla coscienza di gruppo.
Ma, se il pensiero è quel filo rosso che corre tra i vari cicli della vita e li collega uno all’altro, cosa ci attende oltre il “pensiero di gruppo”? Una risposta ce l’ho: la mente come alveo in cui si possa riflettere una Mente più elevata e vasta. Un Pensiero non più attivato e motivato dalle necessità del gruppo, che fanno pur sempre parte del mondo delle forme, anche se di forme molto più libere da egoismo ed egocentrismo. Un Pensiero che attinga a realtà sconosciute eppure vere e belle. Un Pensiero che porti con sé i semi del Nuovo che avanza. Un Pensiero che racchiuda in sé tracce di futuro.
Per arrivare a un Pensiero così, va come prima cosa regolato in altro modo il pensiero collegato al gruppo: che non sia invasivo e pervasivo, che non sia ripetitivo e non giri sempre sugli stessi argomenti, che non si faccia catturare entro i meandri astrali che in un gruppo abbondano sempre. C’è bisogno soprattutto di sapere che il pensiero collegato al gruppo non è il punto di arrivo del percorso evolutivo del Pensiero, ma ne è solo una tappa. E dobbiamo anche stare in guardia perché il pensiero di gruppo può essere molto forte e pervicace, potenziato dalla pregnanza del campo della vita di gruppo.
Così, esattamente come quando siamo passati dal pensiero egocentrato a quello “gruppo centrato” abbiamo dovuto metterci impegno, almeno altrettanta convinzione e persistenza ce la richiede il passaggio al “pensiero che si fa pensare dal Pensiero” o alla “mente che si offre alla Mente”. Con la differenza che, per aprire la coscienza a questo tipo di Pensiero, non ci sono strumenti di valore collettivo, ma ognuno deve individuare per vie interne ciò che può essere facilitante per sé.
E’ proprio vero che tutto nella vita avviene attraverso i moti del pensiero/Pensiero: è lui che ci apre la via e che ci fa strada in spazi nuovi e sconosciuti, è lui che ce li fa conoscere ed è di nuovo lui che ci trae verso il prossimo giro della spirale evolutiva.
di Marina Bernardi