«Se un uomo non ha scoperto qualcosa per cui è disposto a morire, non è degno di vivere».
Martin Luther King

 

Uno dei principi che informano e plasmano l’ontologia del leader (cioè che danno forma al modo di “essere” del leader), è l’impegno in qualcosa di più grande di sé.

Se da un lato è vero che la capacità di servire in modo superiore la comunità di appartenenza, di fornire una qualità e creare un valore senza precedenti è la cartina tornasole del leader, al tempo stesso la creazione di valore non è la sorgente della passione e dell’energia di un leader. La capacità di creare valore infatti, è un effetto.

La sorgente nascosta – che appartiene al “mondo delle cause” – di questa passione, energia e valore, è proprio aver trovato il proprio “perché” più grande e aver dato se stessi ad esso.

Qui non esiste una “risposta giusta” e ogni individuo deve misurarsi con la sfida di trovare questo “perché” per se stesso. Esiste però un processo e una serie di principi in grado di supportare le persone nell’identificare cosa le accende. Bisogna nello specifico:

  1. Confrontarsi con lo scopo ordinario che le sta già guidando…
  2. Creare così lo spazio dal quale…
  3. Identificare quella “causa” o quel “perché” che è in grado di lasciare con una passione di vivere.

Questa “causa” più grande di sé dev’essere uno scopo che – per il solo fatto di tenerlo presente e di dichiararlo – ha il potere di trasformare il dichiarante. È una causa che:

  • Deve essere coraggiosa/audace.
  • Deve fare la differenza.
  • Deve ispirare, toccare e alterare “chi siamo” per noi stessi.

Per riprendere Martin Luther King, se si potesse esprimere in una sola frase il tipo di scopo, causa o possibilità di cui ti sto parlando, sarebbe:

“TROVA QUALCOSA PER CUI MORIRESTI, E VIVI PER QUESTO”.

Per rendere la cosa fattibile – nel seminario condividerò un vero e proprio “protocollo” elaborato nel corso degli anni per rispondere a questa questione. Mentre la spiegazione di questo protocollo esula dagli scopi dell’articolo, il suo fine è di metterti nella condizione di “trovare” o “scoprire per te stesso” quella causa autentica: cioè che per te è di valore, nobile, che conta. Scriveva George Bernard Shaw:

«Ecco la vera gioia della vita: venir usato da uno scopo di cui voi stessi riconoscete il valore. Essere una forza della natura, invece di un piccolo agglomerato di fibre, eccitato ed egoista, pieno di disagi e lamentele, che brontola per il fatto che il mondo non si dedica abbastanza alla causa della sua felicità. Io sono dell’opinione che la mia vita appartiene a tutta la comunità e, fin quando vivo, è un mio privilegio fare per la comunità tutto quello che posso. Voglio essere utilizzato totalmente fin quando morirò, anche perché più duramente lavoro più a lungo vivo. Io gioisco per la vita in sé e per sé. La vita non è una “candela corta”, per me. È una specie di splendida torcia della quale io sono padrone per il momento, e che voglio far ardere il più brillantemente possibile prima di consegnarla alle generazioni future».

Se da un lato è vero che un leader si caratterizza per il dare pienamente se stesso a una causa “più grande” di sé, dall’altro questa causa che ha “scoperto” è per lui qualcosa di nobile: la sua continua realizzazione gli consente di (e lo costringe a) essere più se stesso, di guadagnare ogni giorno “identità”.

Mauro Ventola

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